Secondo il DSM-5, la depressione richiede almeno due settimane di umore depresso o perdita di interesse e piacere, accompagnate da sintomi come stanchezza, insonnia, senso di inutilità, difficoltà di concentrazione e pensieri negativi ricorrenti. Ma molto prima o molto oltre i criteri diagnostici, c’è l’esperienza soggettiva: chi attraversa una depressione spesso racconta una sensazione di disconnessione da ciò che prima dava piacere, un rallentamento profondo, quasi dell’anima, come se la vita avesse perso colore e peso allo stesso tempo.
Anche i gesti più semplici diventano faticosi — alzarsi dal letto, rispondere a un messaggio, prepararsi da mangiare — e immaginare il domani può sembrare impossibile. La depressione non è solo tristezza: è un silenzio emotivo che affonda e avvolge, un’assenza che occupa spazio. Spesso è accompagnata da una voce interna severa, quella del Genitore Critico, che giudica e svaluta, ripetendo frasi come “non sono abbastanza”, “non cambierà mai nulla”, “gli altri stanno meglio senza di me”. Dentro questa voce si nasconde il dolore antico di chi, per molto tempo, ha dovuto adattarsi a richieste troppo rigide, a doveri e aspettative che hanno soffocato la spontaneità del Bambino interiore.
Nella prospettiva analitico-transazionale, comprendere la depressione significa esplorare le storie interne: quali emozioni non hanno trovato voce? Quali aspettative o doveri hanno schiacciato la spontaneità? Quali legami o eventi hanno svuotato la speranza? A volte, la depressione è una forma estrema di protezione: rinunciare al desiderio pur di non soffrire ancora. È il modo in cui la psiche cerca di proteggersi da un dolore troppo intenso, anche se il prezzo di quella protezione è la perdita di vitalità. L’Analisi Transazionale ci invita a leggere la depressione come un’interruzione del contatto autentico con sé e con gli altri.
Quando il Genitore Critico prende il sopravvento e il Bambino resta privo di riconoscimento, la spontaneità si spegne e l’Adulto perde accesso alle proprie risorse vitali. Il lavoro terapeutico consiste nel dare di nuovo voce alle parti dimenticate, nel permettere all’Adulto di assumere una posizione più benevola, capace di accogliere le fragilità senza giudizio e di ristabilire un equilibrio più umano tra le diverse dimensioni del Sé. La depressione non è pigrizia, non è mancanza di volontà: è sofferenza profonda, spesso radicata in un’antica solitudine emotiva. Merita ascolto, cura, competenza.